25 aprile a Padova: il discorso del sindaco Flavio Zanonato

 

Cari Cittadini e care Autorità, l’anniversario della liberazione si è sempre celebrato all’interno di un contesto, è sempre stata l’occasione per parlare del passato ma anche dell’attualità. Quest’anno l’attualità è il 150 anniversario dell’unità d’Italia, tutte le manifestazioni ad esso collegate.
E del resto Il 25 aprile del 1945 è, senza ombra di dubbio, uno dei momenti fondativi della nostra storia, la naturale prosecuzione del Risorgimento.
Come nel 1861 l’Italia coronava il sogno unitario, 84 anni dopo ci liberavamo allo stesso tempo dell’odiosa occupazione nazista e di una dittatura che aveva afflitto il Paese per un ventennio.
Conquistammo, allora, pace democrazia e libertà e non le abbiamo più perdute.
E fu l’esito del sacrificio di tantissimi uomini –soldati fedeli al giuramento o giovani anche tante donne – che si impegnarono, a volte fino l’estremo sacrificio, per combattere e sconfiggere il nazifascismo, che si era macchiato di crimini orribili contro l’umanità, che aveva insanguinato l’Europa, che aveva umiliato il nostro popolo, che aveva perseguitato milioni di innocenti, sterminando il popolo ebraico, il popolo rom, migliaia di oppositori politici, altrettanti omosessuali, portatori di handicap e tutti coloro che non rientravano nel loro delirante disegno di società e razza perfette.
Certo, da soli non avrebbero potuto vincere una sfida impossibile e fu decisivo l’intervento degli Alleati, ai quali va la nostra gratitudine e la nostra amicizia.
Ma la sproporzione di forze tra l’esercito tedesco e la Resistenza italiana non è – come pensa qualcuno – una circostanza che sminuisce il ruolo dei soldati e dei partigiani, anzi ne esaltano il coraggio e lo spirito di sacrificio.
Solo chi crede fortemente in una causa, solo chi ha una fede profonda nei propri ideali può sfidare chi è molto più forte di lui, può trovare la forza morale per mettere a repentaglio la propria giovane vita.
C’è ancora qualcuno che mette in dubbio la verità storica, dichiarando che non c’era una parte giusta e una parte sbagliata, che non c’era chi aveva torto e chi ragione, che tutti sono uguali di fronte al tribunale della storia.
Prescindiamo dalla buona fede dei singoli e chiediamoci: se invece della vittoria dei partigiani e degli alleati avessero prevalso Hitler e Mussolini quale corso avrebbe preso la storia, quale piega avrebbero assunto gli eventi?
Sarebbero prevalse la democrazia e la libertà o forme mostruose di dittatura e di prevaricazione?
Non andò così, per nostra fortuna e per merito dei partigiani italiani, del nostro esercito fedele al giuramento, e degli alleati.
Grazie a questa  vittoria si instaurò un circuito virtuoso, una formidabile accelerazione che in pochissime e ravvicinate tappe (il referendum del 2 giugno 1946 e la promulgazione della Costituzione il 27 dicembre del 1947) ci fece passare da una dittatura liberticida, razzista e guerrafondaia ad una Repubblica democratica fondata sui valori dell’eguaglianza, della libertà, della fraternità tra i cittadini e tra i popoli.
Si tratta di principi che in oltre sessant’anni di storia repubblicana non hanno perso nulla del loro valore e che ancora regolano la nostra convivenza civile.
Hanno subito minacce pesanti in un passato non troppo lontano, ma la nostra comunità  ha dimostrato di volerli difendere, anche a costo della vita di tante persone coraggiose che si sono ad esempio opposte con tutte le proprie forze alla minaccia terrorista che, negli anni di piombo, voleva sovvertire le Istituzioni democratiche.
Il nostro pensiero commosso va a tutti coloro, servitori dello Stato, magistrati, poliziotti e carabinieri,  esponenti delle Istituzioni, sindacalisti, semplici cittadini, che si sono sacrificati negli anni ’70 e ’80 e ai loro familiari.
Consentitemi un ricordo particolare per quei magistrati che persero la vita nella lotta contro le Brigate Rosse e la cui memoria è stata profondamente offesa.
Nelle procure italiane non ci sono brigatisti, ma donne e uomini che hanno il compito –conferito a loro dalla legge- di perseguire il crimine. Di agire penalmente contro chi commette reati per rendere i criminali inoffensivi e per portarli di fronte ad un giudice terzo ed imparziale. Anche in una giornata come questa desideriamo ringraziarli per lo spirito di sacrificio e il profondo senso del dovere con cui svolgono un lavoro pericoloso e delicato, dal quale dipende la sicurezza della nostra gente.
Rimanendo all’insegnamento che la storia ci ha impartito, voglio ricordare che la nostra comunità democratica si fonda sul ripudio della violenza, sul rifiuto della vendetta, sulla convinzione che nessuno possa farsi giustizia da sé .
Solo lo Stato può legittimamente usare la forza contro chi delinque e solo  un potere indipendente (la magistratura) può giudicare.
Per questo condanniamo nella maniera più ferma l’aggressione avvenuta in città pochi giorni fa, ci aspettiamo che ai responsabili sia comminata una pena adeguata alla gravità del loro crimine ed esprimiamo la nostra solidarietà a Vittorio Aliprandi, vittima di un agguato intollerabile, augurandogli una pronta guarigione.
Chi pensa di far tornare la nostra città agli anni della violenza politica, deve sapere che le Istituzioni cittadine e la società civile padovana non lo consentiranno, e sapranno unire le forze per difendere la democrazia e la convivenza civile.
Questo non vuol certo dire però abbassare la guardia di fronte al rischio che sentimenti razzisti si diffondano nella nostra comunità.
L’articolo 3 della nostra Costituzione usa parole ineccepibili per condannare qualunque tentativo di discriminare le persone in base al colore della propria pelle, alla condizione sociale, al sesso, alle convinzioni religiose.
Si tratta di uno dei principi cardine della nostra Repubblica, uno di quei valori che fu brutalmente violato dal nazifascismo, è una delle idee per difendere la quale tanti giovani hanno perso la loro giovane vita.
Le ragioni che ispirarono la Resistenza sono – come ho appena provato a dimostrare – attualissime e ancora capaci di guidare le Istituzioni e di motivare il nostro impegno sociale e politico.
Si tratta di ragioni universali, che non hanno confini, valide ad ogni latitudine.
Se qualcuno ne dubitasse dovrebbe volgere lo sguardo verso sud e guardare con attenzione a ciò che sta succedendo in Egitto, in Tunisia, in Libia, in Siria.
Una nuova generazione di partigiani sta tentando di conquistare democrazia, libertà e benessere per sé e per i propri Paesi.
Non possiamo non guardare con simpatia a quelle lotte, con la stessa simpatia e la stessa condivisione con cui tanti popoli guardarono ai Resistenti italiani, dobbiamo attuare comportamenti coerenti per non favorire nessuna forma di integralismo e di fanatismo che potrebbero essere l’esito del fallimento di un moto democratico e libertario.
Dobbiamo essere all’altezza di una svolta storica da cui dipendono non solo le condizioni di vita di milioni di essere umani, ma la stessa possibile convivenza pacifica e virtuosa tra il nostro Paese, l’Europa, l’Occidente e i paesi di cultura islamica.
C’è la concreta possibilità di mettere da parte l’assurdo conflitto di civiltà che in tanti hanno alimentato in questi anni e di contribuire ad una riconciliazione che potrebbe giovare a tutti, sia dentro che fuori dai nostri confini nazionali.
Anche in questo modo si rimane fedeli all’insegnamento della Resistenza e si festeggia nella maniera più adeguata il giorno della Liberazione.
Grazie e buona Liberazione a tutti.