Alessandro Del Piero racconta i primi anni nel calcio che conta a Padova

 

Alessandro Del Piero nel suo sito ufficiale racconta gli esordi a Padova. Si capisce che certe cose nonostante scudetti, una coppa del mondo e la vittoria di qualsiasi trofeo potesse sognare, non si dimenticano. Clicca qui per leggere la storia “padovana” di Del Piero

«La svolta arriva il 10 novembre del 1987 su una 126 bianca, quella con cui l’osservatore del Padova Vittorio Scantamburlo setaccia il Veneto alla ricerca di giovani talenti. Finisco sul suo quaderno con accanto tre asterischi, il massimo dei voti. Mi segnala al Padova. E il 18 agosto del 1988 un dirigente della mia futura società si presenta alla porta di casa nostra: il momento è arrivato.
Da bambino per me c’era Padova, non ancora il Padova. C’era la basilica di Sant’Antonio, la piazza con i colombi, le gite con i miei e quelle con la scuola. San Vendemiano-Padova mi sembrava un viaggio lunghissimo, ma erano solo 77 chilometri. Se ci ripenso mi rendo conto che quei 77 chilometri sono stati l’esatta distanza tra il bambino che non ero più e l’uomo che stavo diventando: per la prima volta mi trovo lontano da casa, sempre inseguendo quel pallone che non mi ha mai abbandonato. Avevo tredici anni, il “dieci” della Juventus era Zavarov, io quel numero non ce l’avevo neppure nei Giovanissimi del Padova: da ragazzo, infatti, indossavo la sette, il numero con il quale sono diventato campione del mondo a Berlino.
A Padova ho trascorso quasi tutta la mia adolescenza, quella di un ragazzo di San Vendemiano che lasciava la famiglia con dentro un’esplosione di speranza, paura, entusiasmo, ambizione. E voglia di giocare. Ne parlo come se fossi andato dall’altra parte del mondo, ma allora a me quella strada sembrava davvero un’enormità, perché era simbolo di un distacco. Mia mamma ricorda di quando andavo a prendere il treno e si raccomandava, “stai vicino alle altre persone, fai attenzione”. Dovevo cambiare a Mestre, aspettavo la coincidenza anche trenta, quaranta minuti. Poi, mamma e papà vennero a trovarmi a Padova, e io: “Occhio al cambio di binario a Mestre”. Ecco, mia mamma dice che in quel momento capì che ero diventato grande.
Sono cresciuto fianco a fianco con i ragazzi con cui vivevo nell’appartamento a due passi dallo stadio Appiani. Anche qui passo tutte le categorie: dai Giovanissimi agli Allievi fino alla Primavera. Lo stesso accade in Nazionale: Under 16, Under 17 (primo mondiale della mia carriera a Montecatini, arrivo all’esordio con gli Stati Uniti dopo due giorni di febbre, sbaglio un rigore davanti a Pelè che era in tribuna), e infine Under 18. Di quegli anni ricordo le partitelle in settimana contro la prima squadra, quando affrontavo gente come Albertini, Di Livio, Maniero, Benarrivo, Galderisi. Lì ho capito che c’ero, che potevo essere competitivo.
Con la maglia del Padova faccio l’esordio in serie B con Bruno Mazzia in panchina, il 15 maggio 1992 allo stadio Giovanni Celeste contro il Messina, ma soprattutto provo l’emozione del primo gol da professionista, l’unico in una squadra di club senza la maglia della Juventus: 22 novembre 1992, Mauro Sandreani mi butta dentro contro la Ternana e segno il gol del 5-1. La mia maglia allora era la 16 (a proposito, quanto fa 1 + 6?)».

Alessandro Del Piero.