Alla cena di Santa Lucia, senza pregiudizi, ci sono tante sfumature di bene oltre agli affari ed al potere

 

Quante sfumature di grigio ha la vita uno lo capisce andando alla cena di Santa Lucia. Io ci sono stato per la prima volta l’altra sera. Al momento del dolce, sebbene mi fosse stato fatto capire che avrei potuto andarci anche al momento dell’antipasto senza per forza pagare i 150 euro dell’iscrizione. Ma siccome con 150 euro ci compero un mese di pannolini, allora ho deciso di fare beneficenza a me stesso ed alla bambina che arriva a giorni e per quest’anno ho declinato l’invito gratis, vecchio vezzo da giornalista quello di andare senza pagare alle cene di beneficenza.

E di beneficenza il comitato della Cena di Santa Lucia ne fa tanta: su palco c’erano un paio di alti prelati che in Etiopia stanno realizzando un campus più grande in estensione del territorio occupato dal Vaticano. La cena di Santa Lucia porta luce e denaro in Uganda attraverso l’AVSI dove è in costruzione un orfanotrofio, l’unico del paese, dove ai bambini ciechi e sordi sarà insegnato come comunicare con gli altri, dove i bambini orfani di genitori malati di Aids avranno la speranza di un futuro decente. In Cile a Molina 350 poveri trovano vestiti e medicinali grazie alla generosità dei padovani. Poi ci sono i progetti microlife in Etiopia, dove attraverso un’alga ideata da Matteo Villa, padovano doc che ha abbandonato la politica per mettere su una azienda davvero innovativa, le mamme si nutrono adeguatamente crescendo bambini che non sono quindi condannati alla malnutrizione. Questi sono solo alcuni esempi di quanto dalla Cena di Santa Lucia nasca di bene. Sul palco a prendersi gli applausi, meritati, c’era Graziano Debellini che attraverso le opere di carita cura per il gruppo di aziende e professionisti che gravitano attorno al variegato mondo di CL i rapporti nazionali e internazionali. A volte le opere di carità seguono il business, altre volte lo segue. Certa parte della sinistra radical chic pensa che ciò sia un male, i cattolici più oltranzisti sono dello stesso avviso. Io credo che di San Francesco ce ne siano stati pochi, forse solo uno, e che gli altri prima della carità devono anche domandarsi come fanno a pagare le bollette ed a portare a casa lavoro per sé e per i propri dipendenti. Ed allora la commistione tra opere di bene pubblico e opere di bene privato possono anche stare insieme, in un equilibrio che per definizione stessa di un punto di quiete in un mondo in tempesta, è sempre difficile da raggiungere e mantenere. Basti guardare all’indagine che colpisce in queste ore proprio il meeting di Rimini. Che ci fosse qualcosa di bizzarro nel fatto che a promuoversi in quel contesto ci fossero ad esempio Finmeccanica e Roma Capitale lo avevo capito anch’io che non sono forse proprio tanto sveglio quando ci sono stato, sempre su invito di Graziano Debellini, ad agosto. Adesso la magistratura farà chiarezza. Pensare che in quel mondo, in quel meeting come nella cena di Santa Lucia sia tutto affari, tutto calcolo, è però, visto dall’esterno, sbagliato. Perché ad ascoltare le storie di monsignor Scapolo, a vedere una suora in collegamento dalla Palestina che racconta come attraverso l’impegno dei padovani verrà costruito il primo reparto di terapia intensiva neonatale di quella zona martoriata del mondo, si può sentirsi orgogliosi di essere nati a Padova, una città che da sempre sa far convivere interessi pubblici e privati. In platea tutta la Padova che conta in politica e in economia. C’erano Giancarlo Galan e Flavio Tosi, Ivo Rossi e Luciano Violante, Flavio Zanonato e Sergio Giordani assieme a mille altre persone. E pensare che fossero lì tutti solo per calcolo, solo per ingraziarsi una parte potente e importante del tessuto economico e politico del Veneto non credo sarebbe generoso nei confronti di queste persone come anche sarebbe un torto pensare che Graziano Debellini fosse sul palco solo per pavoneggiarsi o ribadire il suo potere. Non credo ne abbia nemmeno bisogno. Voglio voler vedere nella cena di Santa Lucia un gruppo di persone di buona volontà, che ci credono.

Poi ci saranno anche quelli che ci speculano, ma amo immaginare che siano solo una minoranza. Gli affaristi, gli ingordi ci sono anche in quel mondo, come in tutti il mondo, ma sono l’albero che cade rumoroso. Intorno c’è la foresta che cresce silenziosa.

 

Alberto Gottardo