Bar e ristoranti in crisi a Padova: secondo Appe chiusi 150 esercizi commerciali in un anno

 

«È un dramma quotidiano». Non usa certo giri di parole Filippo Segato, Segretario dell’Associazione Provinciale Pubblici Esercizi (APPE), che a Padova e provincia rappresenta 1.500 iscritti tra bar, ristoranti, pasticcerie, pizzerie e altri locali.
Il riferimento è alla situazione economica che stanno vivendo le attività di somministrazione di alimenti e bevande e, in particolare, all’andamento congiunturale negativo che non dà segni di miglioramento.
«I numeri dell’Istat – conferma Segato – non danno spazio a interpretazioni: dopo il saldo negativo di 213 attività relativo al 2015 nella nostra provincia, anche il 2016 si chiude con -144 aziende. Vale a dire che in due anni ha chiuso oltre il 10% degli esercizi presenti sul territorio».
In particolare, sono le attività di bar e caffetteria quelle che soffrono di più, pesando per oltre il 60% sul totale delle chiusure, segno evidente che il settore subisce l’onda lunga della crisi dei consumi.
«I problemi dei bar – spiega Segato – derivano da due fattori tra loro legati: l’aumento dei costi, soprattutto delle forniture e del lavoro, e una politica dei prezzi non più remunerativa».
Secondo gli studi dell’Associazione di via Savelli, i costi aziendali (forniture, materie prime, lavoratori dipendenti) sono aumentati, nel corso dell’ultimo decennio, di oltre il 15% mentre il costo della “tazzina” è rimasto pressoché inalterato.
«Troviamo ancora – conferma il Segretario APPE – alcuni bar che propongono il caffè a 90 centesimi, esattamente lo stesso prezzo di dieci anni fa. Anche i bar che hanno aumentato i prezzi, non arrivano che a un euro, massimo un euro e dieci centesimi, un prezzo che ormai non è più sufficiente a remunerare le attività e i dati Istat, relativi alle chiusure, lo confermano in pieno».
La rivalutazione della bevanda “principe” del bar, vale a dire il caffè (e in generale i prodotti di caffetteria), è la ricetta che, secondo l’APPE, potrebbe salvare tanti pubblici esercizi.
«Occorre – dichiara Segato – che gli esercenti comincino a dare valore al loro prodotto: a breve a Milano aprirà Starbucks e state certi che non venderà il caffè ad un euro. Allo stesso modo non c’è un Paese in Europa in cui il caffè costa ancora un euro ma, senza arrivare agli eccessi di Copenaghen dove costa anche sei euro a tazzina, i prezzi ordinari sono almeno di due o tre euro».
«Ricordiamoci – prosegue il Segretario – che storicamente il prezzo della tazzina è sempre stato in linea con il costo dei quotidiani (oggi variabile da 1,20 a 1,50 euro) ed il costo del biglietto dell’autobus (oggi a 1,30 euro)».
Cosa bisognerà aspettarsi dunque nei prossimi mesi? Prezzi del caffè alle stelle?