Beppe Grillo e quel pericolosissimo contagio per l’Italia

 

C’è un contagio in atto. Una epidemia pericolosissima. Il virus si trasmette di bocca in bocca, ma è anche un virus informatico: si propaga in internet, sui social network. E’ il virus della stupidità, che ha varianti quali l’ignoranza e l’analfabetismo di ritorno e degenera nel razzismo più becero.

Non faccio una colpa a chi di fronte alle incertezze derivanti dall’esodo più massiccio della storia recente, secondo solo alle migrazioni di italiani e irlandesi verso le americhe, si rifugia nel “basta con il mare Nostrum”, quando va bene, quando non si teorizza di sparare sui barconi col mitragliatore (come fece un assessore veneto, Daniele Stival clicca per aprire il link).

Il fatto grave è che da questo virus, propagato dalla disinformazione vergognosa di siti dediti a spargere odio verso chiunque non sia italiano ha contagiato anche Beppe Grillo. Basti leggere questo post. Ed ha mietuto una persona che io stimo professionalmente, e chissà quante altre tra le schiere di quella che dovrebbe essere la coorte dei “medici” dela società bombardata dalla disinformazione: anche i giornalisti come i medici si ammalano. Sono saltato sulla sedia quando ho letto un suo “Beppe Grillo ha ragione” (clicca qui per leggere il post dal sito di Beppe Grillo). Perchè se neanche un giornalista di carta stampata con vent’anni e più di esperienza fa su google un semplice “bufala contagio tbc immigrati” scoprendo questa puntuale smentita della notizia dei poliziotti contagiati a Lampedusa, non ricorda che, a differenza di quanto afferma Beppe Grillo, le nostre frontiere sono chiuse (altrimenti tra Libia e Italia ci sarebbero i traghetti e non gli scafisti con i barconi della morte). Se anche un giornalista professionista non controlla che secondo i medici molte volte gli immigrati rischiano di più di ammalarsi qui che nei paesi d’origine, allora vuol dire che il virus può contagiare tutti. Antidoto? Leggere, leggere, leggere, studiare, documentarsi, come ha fatto Gian Antonio Stella per scrivere “L’orda – quando gli albanesi eravamo noi”.

 

Alberto Gottardo