Confindustria Padova/Treviso lancia l’allarme: “E’ tutto fermo, il governo agisca”

 

Avanti, sempre più piano. La produzione industriale di Padova e Treviso a fine anno conferma il processo di rallentamento in atto nella seconda metà del 2018. E all’orizzonte è difficile trovare spiragli di inversione. Nel quarto trimestre la produzione aumenta su base annua dello 0,5% (dal 1,4%). Ma nella media annua del 2018 la crescita si ferma allo 0,9%, il dato più basso dal 2014, in netto calo rispetto al +2,8% del 2017. Più tonica a fine anno la domanda estera (+3,8%), quella interna invece si assottiglia (+1,1%). In debole recupero l’occupazione. La comparsa del segno meno degli ordini (-1,2%) annuncia un nuovo rallentamento. Più restrittivo l’accesso al credito. Peggiorano giudizi e attese degli imprenditori sul primo semestre del 2019 in presenza di un clima di incertezza, politica ed economica.
Sono i risultati dell’Indagine Congiunturale realizzata da Assindustria Venetocentro, in collaborazione con Fondazione Nord Est, su un campione di 540 aziende delle due province.
Nel quarto trimestre 2018 l’indice della produzione industriale aumenta dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2017, ma mese dopo mese rallenta il passo (+1,4% nel terzo trimestre). Nella media del 2018 la crescita si ferma allo 0,9%, in netto calo rispetto al +2,8% del 2017. La frenata riguarda tutti i settori, in particolare il metalmeccanico (+1,1% dal +2,6), tra le classi dimensionali segno più solo per le medie imprese (+3,7%). Il dato degli ordinativi scivola in terreno negativo (-1,2% dal +1,2) e l’orizzonte di lavoro permane ridotto (il 27,1% ha ordini per meno di un mese), segnalando un nuovo rallentamento in vista. Il progresso dell’intero 2018 si riduce così ad un magro 1,5%. Debole la domanda in Italia, con vendite interne in aumento del 1,1% e dato sopra la media per metalmeccanica (+2,7%). Gli scambi globali, nonostante il deterioramento ciclico, sostengono le vendite all’estero, in aumento del 3,8% (dal 1,1%). Risultato corale dell’aumento delle vendite in Europa (+4,6%) e del recupero di quelle extra-Ue (+2,6% dal -0,7%). Nella media del 2018 l’export aumenta del 3% (4,6% nel 2017).

L’indice dell’occupazione è in debole recupero su base annua: +0,6% (dal precedente +1,0%), con dato migliore per la metalmeccanica (+1,0%), debole nel complesso dell’industria (+0,3%).
La dinamica della manifattura (eccetto gli ordini) resta positiva, ma mese dopo mese rallenta. Il rialzo del prezzo di greggio e non-oil spinge i prezzi delle materie prime, in aumento per il 45,5%. Spread e tassi irrigidiscono le condizioni di accesso al credito, con commissioni bancarie in aumento per il 27,8% (33% nel metalmeccanico) e rialzo dei tassi di interesse per il 21% (25,6 nel metalmeccanico). Liquidità tesa per il 15,6%; pagamenti in ritardo per il 20,1.

Diminuisce la fiducia delle imprese sul primo semestre del 2019 a fronte di rischi al ribasso per il contesto economico, legati all’incertezza politica interna e all’indebolimento delle condizioni esterne (protezionismo, tensioni Usa-Cina, rallentamento Germania, incognite Brexit). La produzione è attesa in crescita dal 27,3%, in calo dal 12,0%: saldo di opinione +15. Peggiorano le attese sugli ordini interni, in aumento per il 19,0%, in calo per il 21,9 (saldo -3). Ancora positive quelle sugli ordini esteri, in aumento per il 36,3%, giù per il 12,4%. Restano prevalenti i giudizi di stabilità per l’occupazione (66,0%), il 38,6% prevede assunzioni nei prossimi sei mesi. Il rallentamento del ciclo economico e l’incertezza raffreddano gli investimenti nei prossimi sei mesi, previsti stabili o in crescita dal 77,8%. Il 19,5% li aumenterà (dieci punti in meno del quarto trimestre 2017), il 58,3% li manterrà stabili. Quanto al sentiment degli imprenditori sulla situazione economica italiana, domina l’incertezza (72,2%) e sulle aspettative tra sei mesi i pessimisti diventano maggioranza (48,5% dal 14,8% nel quarto trimestre 2017).
«Dopo tre anni di crescita diffusa e costante, il motore manifatturiero rallenta. Ma se si ferma il motore si ferma il Paese, questo è il nostro grido di allarme. – dichiara Massimo Finco, Presidente di Assindustria Venetocentro -. Il trend di Padova e Treviso anticipa gli andamenti dell’economia nazionale. Purtroppo, i dati che oggi abbiamo in mano allungano ombre sulle performance del nostro Paese. La produzione è ancora positiva ma in significativo indebolimento e anche la spinta dell’export, complici i rischi al ribasso per l’economia mondiale, la frenata della Germania e del settore auto. Ma a preoccupare gli imprenditori è soprattutto la profonda incertezza connessa al contesto politico, sia interno sia internazionale, allo spread e al credito, a una politica economica più assistenzialista che propulsiva per la crescita e ostile all’industria, che può fare danni e sta portando gli operatori a frenare fortemente le decisioni di spesa e di investimento. Serve una drastica inversione di rotta nell’azione politica, subito. Ci sono ancora le condizioni e la possibilità di ribaltare i pronostici, ma bisogna fare presto. A cominciare da segnali forti a costo zero che vanno dati subito. Ci sono 400 cantieri bloccati nonostante i fondi per 27 miliardi siano già stanziati: si facciano ripartire subito. Stesso discorso per la Tav, che non può essere ridotta a scambio elettorale. E poi taglio alle tasse sul lavoro e i premi per stimolare aumenti di produttività, incentivi agli investimenti privati. Ribaltare la sfiducia si può: solo se il governo lancia un immediato segnale per la crescita e il lavoro attraverso investimenti veri».

«Gli ultimi numeri dell’industria – continua Finco – avrebbero dovuto allarmare tutto il governo e invece si sta parlando d’altro, di congelare un’opera imprescindibile per tutto il Paese, di rinviare decisioni attese, come l’autonomia differenziata in nome della perenne campagna elettorale. Chiediamo che chi ha la responsabilità di governare l’Italia lo faccia con la doverosa attenzione alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie che chiedono solo di essere nelle condizioni di produrre in un Paese competitivo, efficiente, che possa far sviluppare pienamente le grandi capacità produttive che ancora esistono sul territorio e non costringere le imprese ad andarsene».

«Imprese e lavoratori possono avere un ruolo importante. In questo momento hanno lo stesso obiettivo, ciascuno nel proprio ruolo: rimettere al centro dell’agenda la crescita e il lavoro, a prescindere dall’operato del governo».