Cosa resterà del ’68? Lo ha raccontato Luca Pollini in una serata che forse è il primo passo di una bella riflessione

 

“A settembre o ottobre dovremo tornare in maniera più strutturata sul ’68. Perhè nel micro e nel macro anche a Padova cambiò tutto con il movimento di idee che veniva dagli Stati Uniti. Se pensiamo che a Padova nel ’68 si celebrava i cinquantesimo della Grande Guerra a palazzo della Ragione, se pensiamo a quella Padova capiamo che è stata una rivoluzione sul piano epistemiologico. Qui a Padova siamo nella periferia del ’68 e dei movimenti collettivi. Va scandagliato come si sgretola il mondo cattolico di fronte a questi movimenti. L’impegno è quello di scandagliare più in profondità cos’è stato il ’68”.  Lo ha annunciato questa sera l’assessore alla cultura del Comune di Padova Andrea Colasio intervenendo alla presentazione dei libri di Luca Pollini “Hippie, la rivoluzione mancata” e “Restare in Vietnam”
Il ’68 secondo Pollini è qualcosa che va oltre ai frikkettoni ed ai rockettari che si facevano le canne. Se vogliamo capire cos’è stato il ’68 dobbiamo chiederci cos’erano gli hippie.
Il racconto di Luca Pollini si snoda attraverso il presente ed il passato. Pollini fa vedere le interviste agli studenti universitari di oggi a Milano e le foto di Hight Asbury, il quartiere di San Francisco dove nacque quel movimento. Parla di gap generazionale, della diffidenza verso chi aveva più di 30 anni. Un racconto interessante, appassionato.
E’ l’inizio insomma di una riflessione sul ’68. A dare il calcio d’inizio Renato Malaman, appassionato giornalista viaggiatore. A lui il merito di aver organizzato assieme a Bruna Coscia una bella serata a Padova. La prima di molte su un periodo che dopo 50 anni, provoca ancora.