Elezioni a Padova: l’analisi di Paolo Giaretta

 

Difficile per me commentare i risultati elettorali, perché sono condizionato dalla grave sconfitta che abbiamo subito a Padova. Con l’ingiusta sconfitta di un bravo amministratore, una persona seria e onesta che non meritava la sconfitta. Un amico. Quando perde un amico il dolore è più grande.
Però cerco di andare oltre e di leggere una tendenza generale. Intanto bisogna andare oltre le 5 gravi sconfitte subite nei comuni capoluoghi in città amministrate dal centrosinistra: Padova, Livorno, Perugia, Foggia e Potenza. Perché il dato globale registra invece che sui comuni capoluogo e superiori il PD governa 160 comuni e il centrodestra 37, il PD guadagna 30 grandi comuni ed il PDL ne perde 46. Anche nel Veneto si ottengono vittorie importanti, con la conferma di Bassano e la conquista di molti altri comuni.
C’è un dato in comune nei risultati, quando si vince e quando si perde. Una richiesta di cambiamento a prescindere. Di discontinuità. Che guarda poco in faccia agli schieramenti, alle appartenenze ideologiche. Anche ai risultati del governo. Ad esempio a Pavia il centrodestra perde con Cattaneo che era l’astro emergente del centrodestra. In tanti hanno votato Renzi perché è nuovo, promette un nuovo inizio non perché è del PD. E lo stesso è avvenuto nei comuni. Il che conferma la forza di Renzi, ma anche il rischio di una certa fragilità. Per questo giustamente vuole correre e bisogna aiutarlo a correre. Questo ci dicono anche i risultati delle amministrative che registrano in generale un ulteriore affidamento a ciò che rappresenta il PD.
Anche il risultato di Padova va visto sotto questo profilo. La maggioranza dei cittadini ha voluto cambiare comunque. I sintomi non erano mancati. Alla fine non c’è stato un giudizio sul buon governo che nessuno può negare che ci sia stato. Anzi semmai per paradosso ha costituito un ostacolo. I cittadini hanno dato per scontato che a Padova non si sia rubato, malfattori di diversa natura non abbiano frequentato il comune, ecc. Hanno scelto di cambiare comunque. Bitonci ha unificato questa domanda di cambiamento, a cui si è aggiunta la emozione della paura. Paura della malavita. Dell’immigrazione, del degrado. Paura di cambiare. Perché questo è un altro paradosso. Cambiare i politici perché non cambi la società?

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