Federcontribuenti scrive all’ordine dei giornalisti: “Indagine su giornalisti che denunciarono giubbotti antiproiettile scaduti è intimidazione”

 

“La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”, dice l’articolo 21 della Costituzione. Ma quello a cui, da contribuenti, stiamo assistendo per quanto riguarda la nostra libertà di essere informati, quindi di agire da cittadini più consapevoli, assomiglia a una inaccettabile censura. Ci riferiamo all’azione sempre più aggressiva della magistratura nei confronti dei cronisti. Gli ultimi episodi in ordine di tempo riguardano alcuni talk show come Ballarò e Piazzapulita.
La Digos, inviata dalla Procura di Roma, ha sequestrato tutto il materiale grezzo relativo ai servizi dei giornalisti Alessio Lasta e Antonino Monteleone sullo stato scadente degli equipaggiamenti della Polizia.
I dischi contenevano fonti e informatori che parlavano ai cronisti a volto coperto, proprio perché i giornalisti avevano garantito loro l’anonimato, come prevede il segreto professionale. I magistrati, per identificare la fonte di quelle denunce, hanno chiesto il filmato originale.
Un atto intimidatorio e gravissimo. Questa la denuncia di Federcontribuenti, che sottolinea come la Procura abbia aggirato di fatto il diritto al mantenimento del segreto professionale dei giornalisti.
“Senza la garanzia dell’anonimato – tuona il presidente Marco Paccagnella – molte denunce, portate avanti in questi anni anche da noi di Federcontribuenti, non sarebbero mai venute a galla, non avrebbero mai raggiunto i cittadini. Pensate ai casi che riguardano, per restare all’attualità di questi giorni, le quattro banche salvate per decreto dal Governo. Oppure le denunce che in tempi non sospetti avevamo portato avanti per quanto riguarda Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca.
E’ un atto di una gravità estrema. Ancora di più perché portato avanti da magistrati che, così facendo, hanno violato le norme stabilite dalla Cassazione e dalla Corte di Strasburgo sulla tutela del segreto professionale.
Sequestrare il materiale audio e video dell’intervista, chiedendolo direttamente alle aziende editoriali – che non si possono rifiutare di consegnarlo ai magistrati – e non al giornalista, che invece può opporre il segreto professionale, limita la nostra libertà di contribuenti, di lettori, di telespettatori”.
I casi di Ballarò e Piazzapulita non sono isolati. Sono invece solo l’ultimo atto di una serie di episodi con analoghe modalità di intervento. Comportamenti intimidatori si sono ripetuti infatti con l’inchiesta “Breakfast” della procura di Reggio Calabria, o con la pubblicazione, da parte di alcuni quotidiani nazionali, delle intercettazioni del premier Matteo Renzi, al telefono con il generale della Finanza Michele Adinolfi.
I giornalisti che le hanno diffuse si sono trovati di fronte agli uomini della Direzione Investigativa Antimafia, che hanno preteso la consegna di computer, hard disk, pen drive e qualsiasi altro supporto di cui i magistrati delegavano la polizia giudiziaria a fare copia integrale del contenuto.

“Federcontribuenti denuncia con forza quella quella che è un’aggressione a un diritto fondamentale, riconosciuto anche dalla nostra Costituzione – prosegue Marco Paccagnella – ovvero quello di essere informati in piena libertà, senza censure, proteggendo quindi le fonti delle notizie. Si tratta di una vera intimidazione ai giornalisti, che fa venire meno il rapporto fiduciario che lega un professionista dell’informazione alla sua fonte. Questo modo di procedere non mette solo a rischio una professione, ma anche il diritto dei cittadini ad avere una stampa degna di un Paese civile.
Senza la protezione delle fonti siamo tutti meno liberi: i giornalisti di fare il loro lavoro e noi contribuenti di essere informati per poter scegliere e agire in modo più consapevole”.