Grande successo per i Blues Brothers in carcere

 

A volte ritornano. In questo caso sono stati due rappresentanti dei Blues Brothers, il mitico film di John Landis, Lou Marini, il sassofonista a lungo con Frank Zappa e Aretha Franklin e il trombettista Alan “Fabulous” Rubin, a rivivere la scena finale ambientata nel penitenziario di Chicago. Il concerto si è tenuto nella casa di reclusione “Due Palazzi” di Padova nel pomeriggio di ieri, davanti a un pubblico di “colleghi” detenuti. Una giornata di musica difficile da dimenticare, nata dall’iniziativa di Federico Pertile, rocker padovano, amico personale di Blue Lou oltre che promoter della band.

Non è stato solo un momento di puro divertimento, ma anche l’occasione per una riflessione di più ampio respiro sul mondo del carcere italiano. Questo è il terzo anno infatti che il consorzio Rebus, organizzatore del concerto, propone un evento in carcere collegato alla quasi contemporanea padovana Cena di Santa Lucia in favore di iniziative di sviluppo in tutto il mondo a cura della Fondazione Avsi. A tutti gli effetti si può considerare un contributo attivo alla Cena, tanto più che quest’anno un ventina di detenuti regolarmente autorizzati sono usciti dal carcere come volontari per offrire il proprio aiuto alla buona riuscita della serata, chi a servire in sala, chi a preparare in cucina. Due anni fa fu Maria Grazia Cucinotta a varcare per la prima volta la soglia di un penitenziario. L’anno scorso il “gastronauta” Davide Paolini benedì i panettoni artigianali realizzati dietro le sbarre dal consorzio, accompagnato dall’allora capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Ettore Ferrara.

In apertura dell’evento Nicola Boscoletto, presidente del consorzio, ha ricordato alcune cifre dal retrogusto amaro. Su 58mila detenuti nei 205 carceri italiani, ha ricordato, lavorano all’interno delle carceri in 12.380. Neanche pochissimi, verrebbe da dire. Ma c’è un ma. «Questi lavori», spiega il presidente, «non vanno ad incidere minimamente sul recupero, cioè sull’abbattimento della recidiva. Anzi sono diseducativi, un sussidio assistenzialistico, un diritto acquisito in cui il detenuto non impara nessun lavoro».

Il lavoro, quello vero, quello che diventa talento da spendere anche “fuori”, è con le cooperative. E qui si parla di 747 assunti. Su 58mila. «Sono gli unici lavori veri che seguono le regole del mercato del lavoro, dove si imparano metodo, regole da rispettare, quantità da produrre e qualità da raggiungere, dove sicurezza sul lavoro, legge 626, norme igienico sanitarie non sono nomi scritti sulla carta». Ecco perché tra questi lavoratori torna a delinquere solo l’uno per cento, mentre chi lavora alle dipendenze del carcere nove volte su dieci prima o poi torna dietro le sbarre. «Costando alla comunità», è il nota bene di Boscoletto, «120mila euro all’anno: un disabile grave seguito in una struttura residenziale ne costa 58mila. Cosa diremmo se il 90 per cento di chi entra in ospedale uscisse ammalato?»

Non mancano però piccoli segni di speranza. E qui anche il Consorzio cerca di fare la sua parte, con i dati sul 2008: 71 detenuti coinvolti in attività formative (cucina, pasticceria e giardinaggio), 97 detenuti occupati, tutti formati sulla normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro. «Nel 2008 abbiamo sottoposto a sorveglianza sanitaria 55 detenuti», spiega Bscoletto, «e ai costi della sorveglianza sanitaria si sommano quelli per la sicurezza negli ambienti di lavoro». Ciò nonostante solo nel 2008 ci sono stati 20 nuovi inserimenti lavorativi intramurari e ben 18 detenuti in misura alternativa all’esterno.

Non sempre è tutto facile. Quest’anno ad esempio si è dovuto chiudere con l’attività “storica” di lavorazione dei manichini, prima ad entrare in carcere. In compenso molte le novità. La pasticceria va fortissimo: 30mila panettoni contro 13mila del 2007 ed è stato lanciato quello da 5 kg in tiratura limitata e seriata con una raffinata cappelliera giottesca. In più il call center funziona ed è partita una collaborazione con InfoCamere per la lavorazione delle “drive pen” con firma digitale. Nuova anche la lavorazione di ruote in gomma (dal semplice carrello al letto d’ospedale). Infine, per questo periodo natalizio, la novità dei presepi, un dono del maestro d’arte Angelo Donati, che ha voluto regalare due delle sue preziose creazioni per portare la gioia di Gesù che viene anche in carcere.

Terminato il consuntivo – tutt’altro però che uno sterile elenco di  cifre – tutta la scena è stata per loro, Blue Lou e Fabulous, freschi dell’ultimo album O’ soul mio (Edel), realizzato insieme ad altri grandi bluesman americani e alla Blues4People Band, gruppo milanese di ryhtnm’n’blues in azione dai primi anni Novanta condotto da Carlo Fumagalli. Si parte con i grandi classici, giusto per scaldare un pubblico tutt’altro che insensibile: Knock on Wood, Minnie the Moocher, Everybody Needs Somebody to Love, Gimme Some Lovin’. Giacca, cravatta, pantaloni e cappello neri, camicia bianca: sono loro, Jake ed Elwood? Solo come nomi d’arte. In realtà si chiamano Carlo Fumagalli e Marco Ricotti, però arrangiamenti, swing, mimica sono gli stessi, assecondati da una band di venti elementi tra cui ben sei i fiati, più Blue Lou e Fabulous.

Originalissima e molto apprezzata dal pubblico anche la formula dell’ultimo album : il blues come chiave per rivisitare i canti popolari italiani. È Blue Lou stesso ad aver riscritto con un tantino di vena iconoclasta pezzi nati molto lontano dal Mississippi quali ’O surdato nnammurato e La società dei magnaccioni, fino ad un impensabile O mia bela madunina rivisitati in chiave che più “nera” non si può. Poi però si torna all’ortodossia soul, e non ce n’è più per nessuno: Shake Your Tailfeather, Flip Flop & Fly, Soul Man e Jailhouse Rock sono i classici accolti con grande calore dal pubblico, fino al trionfo finale del bis di Everybody Needs Somebody to Love. In serata poi Blue Lou, Fabulous & si sono trasferiti al Centro congressi Padova “Papa Luciani” per la Cena di Santa Lucia assieme ai detenuti volontari.