L’Appe di Padova lancia l’allarme: 400 sagre e feste in provincia di Padova sono troppe

 

«Il peggior risultato degli ultimi 3 anni: la crisi continua a picchiare duro e nessuno può dirsi al riparo dai suoi devastanti effetti economici». È lapidario il commento di Erminio Alajmo, Presidente dell’Associazione Provinciale Pubblici Esercizi (APPE) che a Padova e provincia rappresenta circa 1.500 aziende iscritte tra bar, ristoranti, pasticcerie, pizzerie e altri locali.

Il riferimento è alla situazione economica che stanno vivendo le attività di somministrazione di alimenti e bevande e, in particolare, all’andamento congiunturale negativo che non dà segni di miglioramento.

«I numeri di Infocamere – prosegue Alajmo – sono incontrovertibili e non lasciano spazio ad interpretazioni: il 2017 si è chiuso con un saldo negativo provinciale di 216 aziende, superando di molto il valore del 2016 (-144) ed avvicinandosi a quello del 2015 (-213)».

Tale saldo è dato dal totale di nuove iscrizioni nel Registro delle imprese (173 aziende, di cui 89 ristoranti e 84 bar) e cancellazioni (389 aziende, di cui 176 ristoranti e 213 bar), la cui differenza è per l’appunto negativa di 216 unità.

«Una strage – sottolinea il Presidente degli esercenti – se consideriamo che in tre anni sono scomparse 573 imprese, pari ad oltre il 19% del totale dei tremila locali che erano presenti in provincia».

Ogni chiusura, oltre ad essere una serranda abbassata, con una diminuzione di sicurezza percepita, rappresenta anche una perdita dal punto di vista economico e lavorativo, come confermano i dati dell’APPE: considerando una media di 4,7 lavoratori ad esercizio, significa aver perso, in un triennio, oltre 2.600 posti di lavoro ed un fatturato di circa 20 milioni di euro all’anno.

«Quando chiude un’azienda con 300 dipendenti – dichiara un po’ polemico il Segretario APPE Filippo Segato – giustamente le istituzioni e i sindacati si attivano per cercare di limitare i danni il più possibile. Come mai se, invece, a chiudere sono 100 bar e ristoranti con 3 dipendenti ciascuno, nessuno sembra farci caso?»

«Non stupiamoci – dichiara il Segretario – se tra qualche tempo, recandoci in qualche centro cittadino o quartiere, non troveremo più un bar aperto, così come accade ad esempio a San Martino di Lupari, dove il Comune ha emesso un bando per l’apertura di un nuovo locale nella frazione di Lovari, dove attualmente non c’è alcun esercizio a beneficio dei residenti».

Ma quali sono le cause di questa incessante morìa, che sembra non aver fine?

«In Associazione abbiamo ben presenti – precisa il Segretario – le difficoltà che i nostri imprenditori associati devono affrontare quotidianamente: la burocrazia sempre più oppressiva ed asfissiante, i costi crescenti, soprattutto delle forniture e del lavoro (+15% negli ultimi 10 anni secondo gli studi dell’APPE) ed i ricavi stagnanti, a causa di prezzi praticamente fermi da almeno 5 anni, tanto per citare le principali».

«Ma c’è di più – rincara la dose Segato – occorre anche fare i conti con un mercato “parallelo” senza regole: mi riferisco alla spinosa ed annosa tematica della concorrenza sleale svolta dai club e circoli privati, dagli esercizi agrituristici, nonché dalla miriade di feste ed eventi vari che imperversano in ogni dove e che certe volte sono incentivate proprio dalle amministrazioni locali!»

L’APPE invita gli amministratori dei maggiori Comuni a fare un giro nei centri storici, nelle serate infrasettimanali: si vedrebbero le piazze vuote, occupate tutt’al più da strani figuri “armati” di bonghi e bottiglie di alcolici comprati in qualche supermercato… mentre i tavolini dei bar sono desolatamente vuoti. Un’immagine che stride con le tantissime feste che vengono organizzate un po’ ovunque: solo per citare il Comune di Padova, si va dai Navigli, alle Staffe, dal Parco della musica, al Pride Village, dal Sherwood Festival, al River Festival… eventi che attirano migliaia di persone svuotando i pubblici esercizi.

L’APPE ricorda che le oltre 400 feste e sagre varie, organizzate ogni anno in provincia di Padova, muovono un giro d’affari di diversi milioni di euro, cifra peraltro difficilmente quantificabile, visto che tante volte manca la trasparenza dei bilanci.

«Ci auguriamo – chiosa Segato – che almeno le disposizioni emanate dalla Giunta regionale del Veneto sull’argomento “sagre e feste”, che abbiamo contribuito a far approvare, vengano presto recepite da tutti i Comuni affinché venga predisposto un calendario unico, a livello regionale, delle feste “autorizzate”. Solo disponendo di un elenco ufficiale sarà possibile allertare gli Enti preposti ai controlli fiscali, igienico-sanitari, amministrativi e di sicurezza, in modo da garantire che, nello svolgimento di queste attività “temporanee”, vengano rispettate tutte le norme a tutela dei consumatori e venga ristabilita una sorta di equità con le aziende di pubblico esercizio».

«Vogliamo sottolineare – conclude Segato – che gli esercenti non sono contrari “a prescindere” alle sagre e manifestazioni che hanno lo scopo di promuovere le imprese e i prodotti del territorio, che spesso beneficiano anche del patrocinio dell’Associazione (come ad esempio la festa del prosciutto di Montagnana, la festa dei bisi di Baone, ecc.), ma i tanti eventi che vengono organizzati esclusivamente per fare “cassetto”».