Buoni pasto: i baristi dell’Appe minacciano lo sciopero dei ticket

 

«Siamo stanchi, abbiamo oltrepassato il limite e siamo pronti allo sciopero dei buoni pasto!».
Sono decisamente arrabbiati gli esercenti, soprattutto baristi, che ogni giorno ritirano, in tutto il territorio provinciale di Padova, buoni pasto per un controvalore di circa 130.000 euro (30 milioni in un anno).
Motivo del contendere è il mancato pagamento, da parte della società “Qui! Services Srl” di Genova (buoni a marchio “Qui! Ticket”), delle fatture degli ultimi mesi, da agosto in avanti.
«Solo nell’ultima settimana – conferma Filippo Segato, Segretario dell’Associazione Provinciale Pubblici Esercizi (APPE) di Padova – si sono rivolti a noi tre esercenti, con fatture emesse anche sei mesi fa, che ancora attendono di essere pagati».
Il totale delle somme ammonta a circa 6.000 euro e pesa tantissimo sui bilanci delle aziende, che in questo periodo, in particolare, faticano ad affrontare tutte le spese.
«Se “Qui! Services” – ipotizza Segato – si comportasse così con tutti i 120 mila locali convenzionati, avrebbe accumulato un debito verso gli esercenti di 200 milioni di euro!».
Alcuni esercenti, di fronte ai mancati pagamenti, hanno già smesso di ritirare i buoni “Qui! Ticket” e, infatti, sulle vetrine di molti bar campeggia l’avviso che non è possibile utilizzarli per pagare il panino od altre consumazioni.
«Sappiamo – conferma Segato – che anche diversi supermercati hanno smesso di accettare i buoni pasto e, se continua così, anche tanti baristi preferiranno perdere i clienti piuttosto che lavorare in perdita o, addirittura, non essere pagati per fatture sulle quali, tra l’altro, devono anche versare l’Iva all’Erario!».
Insomma, oltre al danno, la beffa.
«Pensate – spiega il Segretario – che, di un panino da 5 euro, all’esercente restano in tasca a malapena le briciole: un euro e cinquanta è il costo della materia prima, due euro sono di tasse, un euro è la spesa per il personale dipendente ed i costi di struttura, mentre al barista rimangono 50 centesimi lordi, sui quali deve pagare l’Irpef, l’Inps, l’Inail e, magari, cercare anche di vivere…».
Se la situazione non dovesse migliorare, gli esercenti sono pronti alla “serrata” dei buoni pasto, vale a dire rifiutarsi di ricevere in pagamento il “ticket”.
«Sarebbe una scelta di buon senso – conferma Segato – considerando che, anche ritirando i buoni e fatturandoli regolarmente, gli esercenti rischiano di non vedere il becco di un quattrino!».