Horror e videogiochi: il perfetto sodalizio?

 

I film horror hanno sempre avuto un notevole mercato, nonostante fossero spesso catalogati con appellativi dispregiativi, come il termine B-Movie, utilizzato per indicare tutte quelle produzioni di second’ordine che non meritano grande attenzione. Il fascino per il macabro, per ciò che è raccapricciante o semplicemente spaventoso è insito in ognuno di noi e c’è chi lo ammette e chi semplicemente cerca di nasconderlo. 

Cavalcando l’onda del sensazionalismo, i videogiochi hanno fatto proprio il concetto confezionato dai film, portando l’esperienza horror anche sulle console fin dagli anni ’80. Naturalmente le limitazioni tecniche dell’epoca non permettevano una rappresentazione veramente raccapricciante e ci si doveva quindi accontentare di pochi pixel che formavano un’immagine più o meno riconoscibile di una testa mozzata o simili. Tuttavia, con il progredire delle macchine da gioco, è stato possibile vedere anche un miglioramento esponenziale del fattore horror. Vediamo dunque alcuni capisaldi che tutti dovrebbero conoscere.

Alone in the Dark

Nel 1992 usciva per PC il titolo di Infogrames Alone in the Dark, uno dei primi a utilizzare personaggi poligonali su sfondi pre-renderizzati. Si trattò del primo gioco del genere “survival horror” in tre dimensioni e si aprirono così le porte a esperienze disturbanti e ansiogene per i videogiocatori. Questi erano chiamati a scegliere un protagonista maschile o femminile per ritrovarsi poi intrappolati in un maniero spettrale dal quale fuggire tramite combattimento, in pochi casi, ed esplorazione e risoluzione di puzzle ambientali. Alone in the Dark è una pietra miliare del genere perché ha spalancato poi le porte a titoli molto più famosi ma che riprendevano in parte la stessa struttura, avete già capito di chi parliamo, no?

Resident Evil

Una serie dal successo planetario, Resident Evil di Shinji Mikami, sviluppata dalla software house giapponese Capcom, fu lanciata sul mercato con il primo episodio nel 1996. I giocatori si ritrovavano, proprio come in Alone in the Dark, rinchiusi all’interno di una magione, questa volta infestata però di zombie. Lo scopo è quello di indagare sulle cause della pandemia, combattendo e risolvendo puzzle per sbloccare nuove aree. Il concetto di “survival”, ovvero sopravvivenza, è qui portato all’estremo: si hanno infatti munizioni per armi limitate e persino la possibilità di salvare la propria partita è legata all’uso di nastri per macchine da scrivere sparpagliate in giro per la mappa. Questo franchise ha resistito alle prove del tempo ed è ancora oggi vivo e vegeto con otto capitoli principali e numerosi spin-off.

Amnesia

Molto più recente rispetto agli altri due franchise, Amnesia è stato pubblicato nel 2010 da Frictional Games ed è un altro survival horror che ha però sovvertito le aspettative, presentandosi come un’esperienza completamente diversa. In Amnesia il protagonista non può combattere i mostri ed è limitato nella sua interazione con l’ambiente dalla sanità mentale (elemento tanto caro allo scrittore H.P. Lovecraft, da cui molti titoli horror moderni prendono grande ispirazione) che diminuisce ogni volta che si trova in una zona completamente oscura. Grazie a un gameplay essenziale e alla forte leva sulla paura del buio, che è ancestrale e stimola quindi reazioni profonde da parte dei giocatori, Amnesia è riuscito a entrare nell’Olimpo dei giochi horror.

P.T., o ciò che poteva essere

Il passo successivo per l’evoluzione del gioco horror è stata rappresentata dalla demo resa disponibile per un periodo limitato su console Playstation. P.T., acronimo che sta per “playable teaser” è stato un progetto di Hideo Kojima per Konami, che doveva rivitalizzare l’ormai dimenticata serie Silent Hill, altro caposaldo horror per la prima Playstation. La risposta dei videogiocatori a questa breve demo fu entusiastica e ricca di speranze, grazie a degli accorgimenti che elevavano l’esperienza horror. 

Ciononostante l’elevato budget e gli screzi tra Kojima stesso e Konami portarono alla cancellazione del progetto, allontanando l’artista dalla casa per cui ha lavorato per più di 30 anni. P.T. ha mostrato la direzione che i giochi horror potrebbero prendere in futuro, assomigliando sempre più a film e anzi, elevando l’esperienza a un qualcosa di intimo e personale, pertanto estremamente spaventoso.

Che il cinema non riuscisse più a tenere il passo con il genere lo si è visto già da tempo, i nuovi fruitori di intrattenimento vogliono esperienze sempre più interattive e in grado di toccarli da vicino, con questo non vogliamo dire che il cinema horror è morto ma sta sicuramente vivendo una crisi che i videogiochi hanno carpito e fatto propria. Se volete lanciarvi all’acquisto di un titolo horror da giocare con le vostre nuove console, sia Playstation 4 o Xbox One, potete leggere qui alcuni dei migliori titoli attualmente in commercio.