Marino Occhipinti, ex della Uno Bianca, esce dal carcere. Il commento di Nicola Boscoletto

 

Marino Occhipinti, uno dei componenti della Banda della Uno bianca condannato all’ergastolo, ha ottenuto la semilibertà dal Tribunale di sorveglianza di Venezia. L’ordinanza è stata depositata dopo che è stata emessa in camera di consiglio, come si apprende da autorevoli fonti del Tribunale stesso. Occhipinti è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della guardia giurata Carlo Beccari, compiuto durante un assalto ad un furgone portavalori davanti alla Coop di Casalecchio (Bologna) il 19 febbraio 1988. Occhipinti, ex poliziotto della Squadra mobile di Bologna, è in carcere a Padova dal 1994 ed ha già usufruito di un permesso nel 2010 per partecipare a una Via crucis.
“Comprendo che è scandaloso da dire, ma siamo di fronte ad una vittoria dello Stato, ad una persona che in carcere è cambiata, è diventato un uomo buono, votato al bene proprio e degli altri, un lavoratore”. A dirlo è il presidente del consorzio di cooperative “Rebus”, che operano all’interno del carcere di Padova dando da lavorare ad un centinaio di detenuti che realizzano manichini di cartapesta per l’alta moda, operano all’interno di un call center, lavorano nel laboratorio di pasticceria che sforna panettoni e colombe pasquali apprezzate anche dalle più severe pubblicazioni di gastronomia. “Marino Occhipinti continuerà a lavorare da noi – ha spiegato Boscoletto – appena arriverà la notizia ufficiale dell’ammissione alla semilibertà, imposteremo il percorso fuori dal carcere. Credo che ci vorranno un paio di settimane. Marino ha iniziato a lavorare con noi dieci anni fa, nel 2001. Ha imparato a realizzare i manichini di alta gamma, nel 2005 è passato al call center, negli ultimi anni ci ha dato una mano nel settore della logistica della produzione della pasticceria. Non posso che parlarne che bene da un punto di vista umano e professionale: è uno che lavora con noi da 10 anni, non si è mai tirato indietro, non ha mai dato problemi, è preciso ha cura in quello che fa. Noi, come tantissime altre realtà in Italia, lavoriamo per applicare l’articolo 27 della Costituzione, quello che dice che alle persone in carcere va data una possibilità di redenzione: per i più è difficile capire questo. E’ impossibile chiedere ad esempio ai familiari delle persone che hanno subito violenza e sofferenze e lutti per mano di queste persone di comprendere o di perdonare, ma va detto che casi come quelli di Marino sono vittorie dell’amministrazione penitenziaria e delle giustizia, intesa come strumento dello Stato per dare una punizione, ma anche per indicare una via di recupero alla vita di persone che erano votate al male. Solo con il bene si sconfigge il male: l’alternativa ai percorsi di recupero dei detenuti è la pena di morte. Noi lavoriamo per la vita”.