Mia figlia dopo un anno di scuola sa leggere e scrivere, ed anch’io ho imparato tanto

 

Oggi è stato l’ultimo giorno di scuola di Giulia. Ed ho provato un’emozione ancora più forte del primo giorno quando mi ha detto “E’ l’ultimo giorno, papà, entro da sola oggi”. Mi ha emozionato la tranquilla risolutezza di una bambina che ogni giorno bambina lo è sempre meno. E’ stato un anno faticoso per lei: la più giovane della classe, essendo nata una manciata di giorni prima della fine del 2012. Si è impegnata tantissimo, ha pianto perchè non riusciva a capire come si da a mettere sul foglio i suoni delle parole. “Mi gira la testa” diceva sgranando gli occhi da cui iniziavano a scendere le lacrime di frustrazione.
E lì ho avuto la prima lezione: ognuno di noi ha i suoi tempi ed alla fine la tenacia paga sempre. Giulia è stata tenace e coraggiosa di fronte alle avversità. Mia moglie è stata umile ed ha chiesto aiuto alle altre mamme. Abbiamo così scoperto una cosa fantastica chiamata “Jump”. Si tratta di un doposcuola organizzato dal settore servizi sociali del Comune di Padova, gestito nella nostra scuola dalla cooperativa “La bottega dei ragazzi”: giovani educatori che hanno negli occhi tanta passione, aiutano bambini e famiglie a stare al passo. Un lavoro eccezionale. Giulia grazie a questo aiuto fuori casa ha recuperato lo svantaggio iniziale ed ora quando passeggiamo per strada ogni tanto mi dice “guarda papà, cassa continua, Suzuki, via Paganini.
Ho imparato che i bambini tra di loro sono bambini. Quando le ho detto “Giulia, è un po’ che non vedo quella tua compagna di classe cinese..” e lei non capiva. Per lei non ci sono compagni di classe cinesi, bengalesi o africani. Ci sono un nome e un cognome. A volte difficile per me da pronunciare. Ma è un problema mio, mica suo.
Ho imparato che ci sono delle maestre che riescono ad essere al contempo toste e sensibili, serie, che hanno dato compiti a casa fino all’ultimo giorno e che stanno rendendo i nostri figli degli ottimi cittadini. E’ diventato infatti impossibile per me attraversare fuori dalle strisce pedonali e tanto meno passare col rosso. Giulia mi ha spiegato che non bisogna buttare le cartacce, che i cattivi li porta via la polizia, che bisogna volersi bene e che non è giusto chiamare zingara la compagna di classe che viene a scuola con il camper. Mi ha spiegato che il lavoro di squadra è importante, che bisogna essere gentili. E tantissime altre cose. Mi ha detto con angoscia una sera che lei sta attenta alle lezioni di matematica, ma che è tanto difficile. Le ho spiegato che anche per me è sempre stato difficile, e che era un po’ colpa mia perchè lei ha preso certo anche qualcuno dei miei tanti difetti.
Abbiamo imparato insieme che è bello andare a scuola perchè ci sono tanti nuovi amici, ed è questa la lezione più bella: mi sono sentito parte di una comunità, grande come il mondo. Donne di altri continenti si sono date appuntamento prima al bar, poi in casa, per pranzare assieme, condividere timori e speranze nella faticosissima impresa di crescere un figlio nella migliore delle maniere. Siamo andati anche noi a scuola, di vita, di speranze, di dialogo tra persone che vengono da un sacco di posti diversi. Abbiamo imparato dai nostri figli a chiamarci per nome, o almeno “papà di Giulia” e “mamma di Luana”. E’ stato bellissimo. Grazie di cuore alle maestre, ai nostri figli ed a tutti quelli che credono che alla fine un mondo senza muri è un mondo molto più bello.

Alberto Gottardo