Non passa lo straniero non lo direbbe mio nonno Cesare, che sul Piave c’era (nell’autunno del 1917)

 

Lascerei stare il “non passa lo straniero”. Quella frase che ha fatto gonfiare il petto a due o tre generazioni fa è anche all’origine di tutte le guerre del ‘900. Dividere il mondo in noi e loro ha portato il Piave (per altro nell’autunno del 1917 e non il 24 maggio del 1915, ma questo agli eredi dei fascisti credo non riesca ad entrare in testa) a colorarsi di rosso. Cento anni fa l’Italia entrava in una guerra che l’avrebbe squassata e sarebbe costata un numero orrendo di vite umane. Tra quelli che entrarono in guerra c’era anche Cesare Gottardo. Mio nonno. Aveva poco più di vent’anni: percorse centinaia di volte la distanza tra il fronte e Bologna e poi Padova con gli ordini firmati dai generali agli ufficiali che lanciavano centinaia di giovani alla volta verso la bozza delle mitragliatrici. Dopo Caporetto toccò anche a lui fare gli assalti alla baionetta. C’era sul Piave, ed anche a Vittorio Veneto. Quando, a distanza di anni, raccontava quella carneficina ai figli ed ai nipoti gli occhi grigi gli si velavano di lacrime. Alla fine della seconda guerra mondiale (il Duce tanto osannato lo fece partire a 40 anni suonati e con sette figli a casa) il nonno Cesare una notte decise di stare dalla parte dello straniero. Di un neozelandese che era scappato da un campo di prigionia durante un bombardamento. Lo nascose per giorni e siccome i fascisti della banda Carità non riuscivano a trovarlo durante una perquisizione, si portarono via quel povero “vecchio” e lo pestarono per notti e giorni. Cesare Gottardo non disse nonostante i pugni e le scosse elettriche alle palle, dov’era quello straniero. Si salvò la pelle in maniera rocambolesca. Quello neozelandese tornò anni dopo con la famiglia a salutare quell’uomo piccolo dagli occhi grigi e la faccia rugosa, che gli aveva salvato la vita a rischio della sua. Mio nonno Cesare era una persona intelligente: aveva capito nel ’43 quello che alcuni miei amici non capiscono settant’anni dopo, nonostante gli studi. Pensare di dividere il mondo in noi buoni e stranieri tutti cattivi, porta solo alla barbarie. Ciao nonno, tua nipote Giulia è nata il 21 dicembre come te. Ha la pelle più scura, mia moglie arriva dal nuovo mondo. So che da lassù ci vedi e sei felice: io quaggiù sto dalla tua stessa parte.
Alberto Gottardo