Due soldati padovani in missione di pace in Libano. Il racconto di Ferdinando Avarino

 

“Un bianchetto fresco in bicchiere di vetro, grazie”. Fatima, da dietro il bancone della base Ficuciello a Tibnin, in Libano, non si scompone. Conosce bene le strane richieste di questi uomini che girano il mondo ma portano sempre con sé un po’ della propria storia.
Le buone tradizioni del padovano non vanno sfumandosi con gli anni. Anche se si manca dalla città da qualche tempo e si è girato il mondo al seguito della Brigata di Cavalleria Pozzuolo del Friuli.
Il primo maresciallo Riccardo Millan e il collega parigrado Alberto Cecchetti, sono due militari di grande esperienza. La loro padovanità l’hanno esibita ovunque, nel corso delle missioni nei teatri di crisi. Hanno 49 e 46 anni, nati e cresciuti nella città del Santo sino a quando hanno scelto di andare a vivere in Friuli per dedicarsi alla carriera in divisa nell’Esercito Italiano.
Grado con tre “binari” sul petto, un ruolo che gode di grande stima tra i commilitoni. I loro occhi hanno visto Kosovo, Bosnia, Albania, Iraq e Libano nei momenti più delicati del panorama internazionale.
 Quando gli obiettivi delle telecamere e le penne di tutto il mondo si erano ritrovate per raccontare una guerra. Adesso sono qui, per la seconda volta, a garantire la pace in Libano nell’ambito della missione Onu Leonte 5.
 
Passeggiano all’interno della base, sullo sfondo decine di mezzi bianchi con la grande scritta nera UN. Un saliscendi incastonato tra i colli terrazzati caratteristici del Sud del paese. Terra di nessuno per decenni, zona di conquista e di battaglia sino ai 38 giorni di scontri nell’estate del 2006. Dalle abitazioni vicine, i miliziani di Hezbollah facevano partire i colpi di mortaio diretti 10 chilometri più giù, in Galilea. Israele rispondeva con bombardamenti pesanti. Millan e Cecchetti parlano di Padova. “Mi manca”, dice il maresciallo dalla folta barba bianca e un sorriso da compagnone. “Ma negli ultimi tempi è cambiata molto – aggiunge Cecchetti da dietro i suoi occhiali che tradiscono la passione per uno stile da motociclista – ora è una città moderna, con grandi collegamenti e giri d’affari. Finalmente il tram, ma è anche vero che traffico e limitazioni sono ormai troppe”. Il mercato delle piazze, la passeggiata in Prato della Valle o un giro in centro a respirare l’aria di un Veneto lontano, manca ai due marescialli.
Hanno fatto di tutto per tenere vive le proprie radici anche se ora sono a migliaia di chilometri. “Abbiamo insegnato noi ai ragazzi libanesi che lavorano alla base come servire il vino bianco. La ricetta dello spritz o i famigerati cicchetti che accompagnano l’aperitivo nei pochi momenti di relax che ci concediamo”. Alberto Cecchetti è addetto alla sezione G4, la parte logistica fondamentale nella gestione dei movimenti del contingente nell’area di nostra competenza.
Riccardo Millan invece è nella stanza dei bottoni. Dal 1993 al fianco del comandante, ora il generale Flaviano Godio: “i ritmi sono martellanti, tanti gli impegni e gli appuntamenti da programmare per il nostro comandante e da seguire in prima persona; ma le soddisfazioni sono molte”. Quello che riempie il cuore dei due padovani in missione è l’incontro con la popolazione. “Siamo molto simili ai libanesi – dice Cecchetti – come noi veneti, anche loro sono ospitali e disponibili. Ridono e scherzano e ci accolgono sempre con tavole imbandite, mentre noi portiamo qualche dono che ci chiedono”. Anche i santini. Sì, perché nei vari incontri con i cittadini di Tibnin e dintorni, le famiglie ormai diventate amiche dei due marescialli vogliono sapere tutto di loro. “Foto, cartoline della città da cui veniamo – dice Millan – così come i nomi delle nostre mogli e dei figli, perfino l’effige del Santo famoso in tutto il mondo.”

Un popolo di commercianti. Migliaia di furgoni e camion che ogni giorno sfrecciano su queste strade senza farsi cura del manto bucherellato. Mai domi e sempre pronti a ricostruire ciò che la guerra, qui a più riprese, si è portata via. Il Sud del Libano è un cantiere continuo: case in costruzione che somigliano più a regge. “Sono come noi veneti – dicono ancora i padovani from Libano – bravi a farsi da soli e un fià taca ai schei”, scherzano.
Durante la chiacchierata si fa sera e si alza il vento. Qui in Libano il tempo cambia rapidamente e nonostante sia dicembre durante il giorno si toccano i 25 gradi. Ma col calar del Sole le temperature scendono bruscamente e si inizia a battere i denti. I due marescialli si guardano e ridono, pensando a Padova e ai suoi portici. Alla nebbia e al freddo di questo periodo. La loro missione finirà solo a maggio.
“Una volta ho perfino insegnato il veneto a un capofamiglia qui vicino – dice Millan mentre i suoi occhi si stringono e il suo viso si apre in un grande sorriso – la cosa bella è stata quando questo mio amico ha poi accolto le autorità italiane in visita dicendo ‘ciao vecio, come steto? E i putei?’. Una scena memorabile che ha lasciato di stucco il sindaco e il prefetto di Gorizia”. Sono italiani e come sempre accade questa mimetica verde dell’Esercito riesce a farsi volere bene ovunque e da chiunque. Buoni di indole e generosi nel modo di porsi. Quando si gira su queste strade sconnesse, a bordo dei Vm, non c’è civile che non venga salutato dai nostri militari. Una mano che si alza, un ciao e un sorriso per ciascuno mentre i bimbi urlano e saltellano chiedendo “biscuits”, biscotti.
Sempre allegri e con la battuta in canna, i due cavalieri tengono alta la bandiera arancione della brigata Pozzuolo del Friuli. Attorno a loro c’è sempre un capannello di ragazzi che ridono e scherzano ascoltando i racconti dei due veterani. “La serenità è tutto, per chi fa un lavoro come il nostro – spiega Cecchetti – non è facile stare lontani da casa 6 mesi, senza vedere la propria moglie o i bambini.” “Sapere di avere una donna forte, che capisce e condivide la scelta di un simile impegno è per noi di grande forza e sostegno – aggiunge Millan – perché permette di lavorare al meglio, con la mente sgombra”. Il primo maresciallo accenna spesso alla sua grande passione di gioventù. Il rugby, che a Padova ha una tradizione di grandi successi e nomi altisonanti. “Giocavo con i papà dei fratelli Bergamasco, con Presutti, Piovan e Munari che poi è diventato telecronista dai rettangoli verdi”, dice. Lo spirito di squadra, tipico della palla ovale, lo ha ritrovato qui. L’importanza del gruppo, della sincerità e del sacrificio per l’altro. “Come nel rugby il pilone prende le botte per il mediano – spiega – qui il caporale è pronto a difendere un suo superiore”. Cecchetti invece ha con sé le bacchette di legno. E’ un batterista, passione che ha sin da quando era ragazzo, dai tempi in cui viveva a Ponte Vigodarzere. E’ riuscito a formare un gruppo anche qui, alla base Ficuciello. “Finalmente ci sono tutti gli elementi – dice – il bassista si è aggiunto giusto ieri sera, è un ragazzo belga di stanza qui vicino”. Ogni sera, la strada che dagli alloggi ci porta alla mensa è accompagnata da una musica live. Viene da uno dei container vicini alle botti dell’acqua. E’ li che i Bunker provano tutti i giorni dopo le 21.00. Una passione e uno sfogo. Si stanno preparando per la festa di Natale, tra pochi giorni. Ancora una volta i marescialli Riccardo Millan e Alberto Cecchetti lo passeranno lontano dalle famiglie, ma con la forza delle loro origini e la carica della padovanità nel cuore.